L'Aurora Boreale, o aurora boreale, prende il nome da due divinità classiche, anche se non fu né un greco antico né un romano a darci quel nome.
Nel 1619, l'astronomo italiano Galileo Galilei coniò il termine "Aurora Boreale" per un fenomeno astronomico osservato principalmente ad altitudini molto elevate: bande scintillanti di colore che si inarcano nel cielo notturno. Aurora era il nome della dea dell'alba secondo i romani (noto come Eos e di solito descritto come "dalle dita rosee" dai Greci), mentre Boreas era il dio del vento del nord.
Sebbene il nome rifletta la visione del mondo italiano di Galileo, le luci fanno parte della storia orale della maggior parte delle culture alle latitudini in cui si vede l'aurora boreale. I popoli indigeni d'America e del Canada hanno tradizioni legate alle aurore. Secondo la mitologia regionale, in Scandinavia, il dio norvegese dell'inverno Ullr avrebbe prodotto l'Aurora Boreale per illuminare le notti più lunghe dell'anno. Un mito tra i cacciatori di caribù Dene è che le renne sono nate nell'Aurora Boreale.
Una tavoletta cuneiforme tardo babilonese risalente al regno di Nabucodonosor II (governata dal 605-562 a.C.) è il primo riferimento noto all'aurora boreale. La tavoletta contiene un rapporto di un astronomo reale di un insolito bagliore rosso nel cielo di notte, in una data babilonese corrispondente al 12/13 marzo 567 a.C. I primi rapporti cinesi includono diversi, il primo datato al 567 CE e al 1137 CE. Cinque esempi di osservazioni aurorali multiple simultanee dall'Asia orientale (Corea, Giappone, Cina) sono stati identificati negli ultimi 2000 anni, avvenendo nelle notti del 31 gennaio 1101; 6 ottobre 1138; 30 luglio 1363; 8 marzo 1582; e il 2 marzo 1653.
Un importante rapporto classico romano viene da Plinio il Vecchio, che scrisse dell'aurora nel 77 d.C., definendo le luci un "chasma" e descrivendolo come un "sbadiglio" del cielo notturno, accompagnato da qualcosa che sembrava sangue e fuoco che cadevano alla terra. I record dell'Europa meridionale dell'aurora boreale iniziano già nel V secolo a.C..
La prima visione possibile registrata dell'aurora boreale potrebbe essere un disegno "impressionista" delle caverne che potrebbe rappresentare le aurore fiammeggianti nel cielo notturno.
Queste descrizioni poetiche del fenomeno credono all'origine astrofisica dell'aurora boreale (e del suo gemello meridionale, l'aurora australis. Sono l'esempio più vicino e più drammatico di fenomeni spaziali. Le particelle del sole, che possono emergere in un flusso costante chiamato il il vento solare o in eruzioni giganti note come espulsioni di massa coronale, interagiscono con i campi magnetici nell'atmosfera superiore della Terra. Queste interazioni fanno sì che le molecole di ossigeno e azoto rilasciano fotoni di luce.